Con la visita effettuata il 1° settembre alla Cittadella della Carità “Santa Giacinta” della Caritas di Roma, il presidente del Consiglio ha voluto rimarcare l’attenzione verso i temi della povertà. In quell’occasione Gentiloni ha ricordato il grande ruolo degli attori “non istituzionali” nell’affrontare il problema della povertà: “Senza il contributo del volontariato – ha dichiarato – non c’è misura del governo che possa essere sufficiente”.
Il riferimento era a quanto avvenuto due giorni prima, il 29 agosto, quando il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il decreto legislativo in cui vengono definite le modalità di attuazione della legge sul contrasto alla povertà. Con esso viene resa operativa una misura unica nazionale, il Reddito di Inclusione, novità assoluta per il nostro paese.
A questo risultato ha contribuito l’azione di advocacy svolta negli scorsi mesi dall’Alleanza contro la povertà e che si è concretizzata, tra l’altro, con la firma di un memorandum tra il Governo e le organizzazioni che fanno parte dell’Alleanza, per definire le priorità attuative da inserire nel decreto.

Il Rei è pensato come un sostegno economico accompagnato da servizi personalizzati per l’inclusione sociale e lavorativa. Il nucleo familiare beneficiario del contributo dovrà cioè impegnarsi nella realizzazione del progetto personalizzato che avrà concordato con i servizi sociali e che è finalizzato a promuoverne l’autonomia.
Il Rei in una prima fase dovrebbe raggiungere 1,8 milioni di individui, pari al 37% delle persone in povertà assoluta, cioè poco più di un povero su tre: ma è una misura a vocazione universalistica, vale a dire che dovrà completare gradualmente la copertura del target di povertà assoluta.
A causa del numero limitato di risorse, il Rei è attualmente destinato ai nuclei familiari con almeno un minorenne (la più ampia fascia di popolazione interessata), oltre che ai nuclei con un figlio con disabilità, a quelli con una donna in stato di gravidanza ed alcuni nuclei con persone di 55 anni o più in stato di disoccupazione. Questo, soprattutto pensando al grande problema della povertà minorile, costituisce senz’altro un passo in avanti. Tuttavia, anche tra i minori in situazioni di povertà quasi un povero su due rimarrà escluso.

La misura viene finanziata con il Fondo nazionale per la lotta alla povertà: si tratta di circa 1,6 miliardi, di cui 1 miliardo e 150 milioni stanziati dalla legge di stabilità a cui si aggiungono i fondi non spesi lo scorso anno.
Ovviamente siamo all’avvio di un processo, segnato da alcuni limiti, che non vanno sottaciuti. Innanzitutto la ridotta consistenza degli importi mensili. In secondo luogo, gli stanziamenti complessivi sono lontani dalla previsione di una spesa complessiva di 7 miliardi di euro l’anno per raggiungere tutti i 4,8 milioni di poveri assoluti, seppure in maniera graduale.
Per l’Alleanza contro la povertà è necessario pensare al superamento della povertà assoluta ragionando nella prospettiva di un “Piano nazionale”, ovvero una programmazione di stanziamenti su tre anni che incrementi le risorse fino alla copertura del target di povertà assoluta del nostro paese, contestualmente ad una crescita dei sistemi di welfare locali, a cui è affidata la presa in carico dei beneficiari.
La gradualità e la prospettiva pluriennale non solo consentono di aumentare progressivamente le risorse raggiungendo una quota sempre più consistente di beneficiari, ma permette anche ragionevolmente di realizzare quelle modifiche nel sistema di funzionamento dei servizi e degli altri attori socio-economici coinvolti nella realizzazione della misura che sono essenziali per raggiungere l’obiettivo del contrasto della povertà assoluta.
Insomma, un primo passo al quale ne devono seguire necessariamente altri.

A cura di Francesco Marsico di 63

 Per maggiori approfondimenti vedere il Paragrafo sulla condizione dei bambini e degli adolescenti poveri a questo link