L’ultimo rapporto a cura del Centro di Ricerca Innocenti e Unicef “Figli della recessione: l’impatto della crisi economica sul benessere dei bambini nei paesi ricchi”, mostra come dal 2008 ad oggi nei 41 Paesi OCSE, si sia assistito ad un incremento della povertà minorile, pari a 2,8 milioni di bambini in più che vivono sotto la soglia di povertà, con una stima totale di 76,5 milioni che vivono in condizioni di deprivazione economica.
Secondo il rapporto, a partire dal 2010 si è assistito ad una totale inversione di rotta da parte dei Governi, che sono passati da misure di protezione a drastici tagli, con un conseguente impatto negativo sui bambini, in particolare quelli dei Paesi del Mediterraneo.

In alcuni tra i 41 Paesi in esame i tassi di impoverimento rispetto al 2008 sono addirittura raddoppiati, è il caso di Irlanda, Croazia, Lettonia, Grecia e Islanda. In Grecia nel 2012 ad esempio, in termini di regresso, si è tornati indietro di circa 14 anni, in Spagna di 10, mentre in Italia si ritorna ai livelli di 8 anni fa, così come avviene in Ungheria e Portogallo.
La recessione ha colpito duramente soprattutto un’intera generazione giovanile, quella tra i 15 e i 24 anni, popolata da molti cosiddetti NEET. Si calcola che siano 7,5 milioni i giovani Paesi dell’Unione Europea di questa fascia d’età che non studiano né lavorano.
Inoltre, negli Stati Uniti la povertà minorile è aumentata di più in questa crisi che durante la recessione del 1982. Allo stesso tempo, in alcuni Paesi la povertà minorile è diminuita ed anche in modo significativo. E’ il caso di: Australia, Cile, Finlandia, Norvegia, Polonia e infine Slovacchia hanno ridotto la povertà minorile del 30 per cento.

Per maggiori informazioni si veda il Rapporto.